Affitto, l’aumento è sempre legale? Quando l’inquilino può contestarlo e come funziona

Autore:
Niccolò Mencucci
15/05/2023

Affitto, l’aumento è sempre legale? Quando l’inquilino può contestarlo e come funziona

Può aumentare l’affitto della casa in cui si abita come locatore a proprio piacimento? Dipende. Perché, considerando l’aumento del costo della vita, è legittimo chiedersi se il proprietario di casa possa aumentare l’affitto e così adeguare le proprie entrate.

Così come è giusto chiedersi se l’inquilino, non potendo permetterselo, possa opporsi e rimanere in casa senza rischiare di perdere tutto.

Affitto, i casi in cui il proprietario può aumentarlo

Il proprietario di casa può provvedere all’aumento del canone di locazione soltanto in tre condizioni precise:

  • al rinnovo del contratto,
  • alla proroga del rinnovo successivo al secondo,
  • prima della seconda scadenza.

Nel primo caso, se il contratto è ormai prossimo alla scadenza, le parti possono invece concordare un aumento dell’affitto, sia che venga stipulato un nuovo contratto che con il rinnovo.

Nel secondo caso, l’affitto può essere aumentato anche tramite la proroga del contratto, ma dovrà avvenire a seguito del secondo rinnovo contrattuale.

Altrimenti, nel terzo caso, prima della seconda scadenza, il canone può essere aumentato con l’accordo delle parti. Ma la risoluzione del contratto dovrà avvenire in maniera consensuale, così da stipularne un altro con il canone aggiornato.

Affitto, quando l’inquilino può contestare l’aumento

In genere se avviene un aumento il proprietario deve concordare con l’inquilino, perché un aumento improvviso costituisce un duro colpo per l’affittuario, che avrebbe anche poco tempo per adeguarsi o trovare un’altra sistemazione.

La legge tutela l’inquilino da eventuali pretese di aumenti di prezzo, che non possono in ogni caso essere inaspettati o improvvisi. E difficili da pagare se non si ha una busta paga.


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Va detto però che la protezione dagli aumenti vale per tutto il periodo di validità del contratto, anche se a garantirlo è per lo più un principio consolidato dalla giurisprudenza ormai diventato incontrovertibile.

Un principio logico, perché la variazione del prezzo dell’affitto si può fare solo con la registrazione del contratto di locazione presso l’Agenzia delle Entrate. Ogni variazione durante la vita del contratto ha effetto nullo, così come è nullo l’eventuale patto “in nero” concordato fra le parti.

In questo caso l’inquilino può opporsi, accettando di pagare di più senza poi incorrere in alcuna conseguenza per l’inadempimento.

Affitto, l’aumento è sempre legale?

L’aumento può essere concordato durante le scadenze o le proroghe dei contratti, mai durante la vita di un contratto in essere.

L’unica eccezione prevista a questa regola è dovuta all’adeguamento del canone all’inflazione secondo gli indici Istat. In questo caso, infatti, non si configura un vero e proprio aumento, anche se l’inquilino dovrà comunque pagare di più.

Altra eccezione è quando il contratto viene prevista una clausola dedicata all’aumento del 100% rispetto agli indici ISTAT sopracitati. Essendo previsto contrattualmente, se l’inquilino accetta, avviene l’accordo tra le parti tanto richiesto dalla legge.

In tal caso, l’inquilino può richiedere l’attuazione del regime della cedolare secca con aliquota del 10% o del 21%, ma solo in sede di proroga del contratto. Così facendo, il proprietario dovrà rinunciare all’aggiornamento del canone per tutto il periodo di esercizio dell’opzione stessa.

Affitto, a quanto ammontano gli aumenti in media

Facendo riferimento all’indice ISTAT sui canoni d’affitto, l’aumento è registrato sul l’8,1% a livello annuo.


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Non sono mancati i casi di zone urbane periferiche dove il prezzo dell’affitto al metro quadro è arrivato a oltre gli 8 euro, cifra una volta riservata alle dimore del centro città.

Con aumenti del genere è difficile trovare casa, specie se tutti appongono la citata clausola sul contratto di locazione. Se il canone è libero, può essere anche del 100%, ma in caso di contratto a canone concordato la percentuale è intorno al 75%.

È fatta salva la disposizione per la quale, in caso di contratti 4+4 o 3+2, il prezzo dell’affitto deve rimanere quello concordato in fase contrattuale per tutta la durata prevista, quindi 8 o 5 anni. L’aumento potrà essere disposto, ma solo prima della seconda scadenza tramite il rifacimento del contratto.

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