Allarme risparmi italiani, rischio “esproprio” del 20% con una patrimoniale?

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30/10/2018

Allarme risparmi italiani, rischio “esproprio” del 20% con una patrimoniale?

Davvero gli italiani rischiano l’esproprio dei loro risparmi? La proposta della Bundesbank sta facendo discutere da giorni. La banca centrale tedesca ha lanciato l’ipotesi di una imposta patrimoniale nella forma di un investimento forzoso. I patrimoni di tutte le famiglie verrebbero colpiti da un’aliquota del 20%. Fanno gola quei quasi 9.000 miliardi di euro di ricchezza privata in Italia, di cui quasi la metà di tipo finanziaria. Sappiamo che di questa, quasi 1.400 miliardi sono conti bancari (correnti e deposito) e liquidità (banconote e monete). Sarebbe la massa più facilmente aggredibile dallo stato, in quanto liquida.

Rischiamo davvero come italiani di vedere andare in fumo parte dei nostri risparmi? Nell’ipotesi propinata dalla Bundesbank, più che di tassazione si tratterebbe di un investimento obbligatorio in titoli di stato. Questo offrirebbe un rendimento ai risparmiatori espropriati, i quali alla scadenza confiderebbero anche nel rimborso del capitale. Tuttavia, lo scenario appare poco credibile, se non del tutto teorico, per il semplice fatto che il Tesoro si vedrebbe costretto a rimborsare i risparmiatori con l’emissione di nuovo debito pubblico, con quest’ultimo a rientrare dalla finestra dopo essere uscito temporaneamente dalla porta. Non avrebbe senso, anzi farebbe solo danni all’economia italiana.

Il rischio di un prelievo forzoso, invece, esisterebbe in teoria. La misura fu sperimentata già nel 1992 con il governo Amato, che intaccò i conti bancari per lo 0,6%. Perché non risulta credibile nemmeno questo provvedimento? I costi supererebbero probabilmente i benefici per la ragione essenziale che, a fronte di entrate una tantum esigue, il contraccolpo sui risparmi sarebbe enorme sul piano psicologico. Rispetto al ’92, oggi i capitali sono molto più mobili e si spostano con maggiore facilità. Con un clic, milioni di italiani deciderebbero di punire lo stato, portando all’estero i loro soldi e privando le banche nazionali della liquidità occorrente per svolgere il proprio ruolo di intermediari nel settore creditizio. Verrebbe giù l’economia italiana e per evitarlo lo stato si vedrebbe costretto a imporre restrizioni ai movimenti dei capitali, ossia limitazioni ai prelievi dagli ATM e ai pagamenti con carte bancomat e di credito, specie all’estero.


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Ne varrebbe la pena? No, senz’altro. Qualsiasi governo politico pagherebbe pegno alle elezioni successive. E, in fondo, per cosa? Anche ipotizzando un prelievo forzoso del 5% su tutti i depositi delle famiglie, si ricaverebbero sui 65 miliardi di euro. Il rapporto debito/pil verrebbe abbattuto di meno del 4%, ma se si considera che l’economia italiana rischierebbe una contrazione per effetto della fuga dei capitali, pur attenuata da misure restrittive, e che i risparmiatori espropriati reagirebbero piuttosto male, magari comprimendo i consumi, non si vede quale beneficio netto possa dedursi da una simile misura. Il grado di indebitamento, anziché scendere, potrebbe persino salire.

Resta il fatto che una ricchezza privata pari a oltre 5 volte il pil in Italia sia diventata fin troppo allettante agli occhi degli organismi internazionali, desiderosi che Roma risolva una volta per tutte i suoi problemi di debito eccessivo al suo interno, ovvero gravando proprio sulle famiglie mediamente più benestanti di altre economie pur floride, come la Germania. Vallo a spiegare alla Bundesbank che la patrimoniale in Italia oggi esiste già e si traduce in una miriade di imposte su ogni asset privato detenuto dai residenti, come immobili, auto, barche, conti deposito, conti titoli, investimenti finanziari, etc.

 

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