Indennità di malattia spetta durante il periodo di prova? Ecco tutte le novità

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02/09/2018

L’indennità di malattia nel periodo di prova spetta o si rischia il licenziamento? ecco le novità

Indennità di malattia spetta durante il periodo di prova? Ecco tutte le novità

Uno dei quesiti che si pongono i lavoratori che hanno iniziato da poco un nuovo lavoro e stanno svolgendo ancora il periodo di prova, è di sapere se hanno diritto all’indennità di malattia in questo stesso periodo o possono essere licenziati.

Ci sono casi in cui, quando, si verifica la malattia nel periodo di prova, il datore di lavoro non vuole corrispondere l’indennità di malattia o il contratto collettivo non lo prevede, ma bisogna sapere che questo non è lecito farlo. Infatti anche se il lavoratore è un prova e nel caso in cui non sia coperto dall’Inps ed il contratto collettivo non preveda nessun pagamento di indennità o integrazione a carico del datore di lavoro, il lavoratore ha sempre diritto a ricevere l’indennità di malattia. In questo caso bisogna applicare un vecchio decreto del 1924, che prevede che il trattamento per malattia sia a carico del datore di lavoro.

In questo articolo cercheremo di fare un po’ di chiarezza su questo argomento.

Inps paga la malattia: in quali casi

L’Inps paga la malattia solo ai lavoratori che sono assicurati per tale rischio, quindi viene pagata l’aliquota corrispondente all’assicurazione malattia con i contributi previdenziali. Le categorie coperte per malattia all’Inps sono:

  • Tutti gli operai, indipendentemente dal settore di appartenenza;
  • Gli impiegati e i quadri del settore terziario (commercio, pubblici esercizi, servizi, studi professionali…);
  • I lavoratori dell’agricoltura;
  • Gli apprendisti;
  • I disoccupati;
  • I lavoratori sospesi dal lavoro;
  • I lavoratori dello spettacolo;
  • I lavoratori marittimi;
  • I co.co.co. iscritti alla gestione separata.

L’indennità di malattia viene pagata dal datore di lavoro che verrà poi conguagliata con i contributi dovuti all’Inps, mensilmente.


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Ci sono casi in cui è direttamente l’Inps a corrispondere l’indennità di malattia al lavoratore avente diritto. Le categorie a cui spetta l’erogazione diretta sono:

  • Ai cosiddetti OTD, i lavoratori agricoli a tempo determinato;
  • Ai lavoratori stagionali;
  • Nel caso in cui il datore di lavoro non possa anticipare l’indennità;
  • Ai lavoratori disoccupati o sospesi che non usufruiscono della Cigo (cassaintegrazione);
  • Ai dipendenti di aziende sottoposte a procedura concorsuale;
  • Ai lavoratori che ricevono il pagamento diretto della Cigo o della Cassa Integrazione in deroga;
  • Ai lavoratori aventi diritto all’erogazione diretta secondo disposizioni della DTL (Direzione Territoriale del Lavoro);
  • Ai dipendenti che si sono ammalati prima che l’azienda cessasse l’attività;
  • Nel caso in cui il datore di lavoro si sia rifiutato di anticipare l’indennità (in questo caso l’Inps è tenuta a diffidarlo: qualora non adempia entro 30 giorni dal sollecito, l’Istituto procede al pagamento diretto).

L’indennità di malattia viene pagata con questa metodologia:

  • I primi tre giorni è dovuta dal datore di lavoro, detti periodo di carenza;
  • Dal 4° al 20° giorno di assenza è dovuta in misura pari al 50% tra il datore di lavoro e l’Inps;
  • Dal 21° al 180° giorno di assenza, il 66,66% viene pagato dall’Inps.

Impiegati: chi paga la malattia

Facciamo presente che i dirigenti, qualsiasi sia il settore di appartenenza, i quadri e gli impiegati al di fuori del settore terziario, non sono assicurati per la malattia, pertanto non hanno diritto all’indennità a carico dell’Inps.

Ciò non significa che non abbiano diritto ad alcuna prestazione in caso di malattia, in quanto il contratto collettivo applicato può prevedere che il datore di lavoro sia obbligato a retribuire il dipendente, assente a causa di una patologia, o di un infortunio avvenuto al di fuori dell’ambito di lavoro. Se, invece, l’infortunio è avvenuto sul lavoro, o se si tratta di una malattia professionale, è l’Inail che indennizza il lavoratore.


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Ci sono anche casi in cui il contratto collettivo prevede che la malattia sia indennizzata dall’Inps, disponendo un’integrazione a carico del datore di lavoro, sino ad arrivare al 100% della retribuzione.

malattia lavoro

Impiegati in prova: come funziona l’indennità di malattia

Alcuni contratti collettivi prevedono il pagamento dell’indennità di malattia, o dell’integrazione, a carico del datore di lavoro, soltanto per i lavoratori non in prova. Facendo presente che gli operai hanno comunque diritto all’indennità dell’Inps, per gli impiegati in prova la situazione è diversa, quindi ci si chiede se questa categoria è sprovvista di tutela.

In questi casi si può applicare un noto decreto del 1924: la norma prevede che il trattamento per malattia sia posto totalmente a carico del datore di lavoro per i lavoratori con la qualifica di impiegato. È previsto, quindi, il pagamento dell’intera retribuzione per il primo mese di malattia e della metà per i successivi due mesi, se l’anzianità di servizio non supera i dieci anni.

Ricapitolando, se un impiegato è in prova, nel silenzio del contratto collettivo applicato è dovuto, in caso di malattia, l’intero stipendio per il primo mese di assenza e il 50% per i successivi due mesi.

Malattia durante la prova: è previsto il licenziamento

Ma il datore di lavoro può licenziare un lavoratore in prova durante il periodo di malattia?

Gli orientamenti della giurisprudenza, al riguardo, sono contrastanti, premesso che:

  • Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti senza preavviso;
  • Solo il lavoratore non in prova ha diritto alla conservazione del posto di lavoro durante la malattia;
  • Il lavoratore è confermato se, trascorso il periodo di prova, nessuna delle parti ha dato regolare disdetta.

Secondo l’orientamento più recente (Cass. sent. n. 12814/1992.) la malattia sospende la durata del periodo di prova. Quindi durante il periodo di malattia, l’assunzione non può intendersi come confermata. Se il contratto collettivo applicato stabilisce che solo il lavoratore non in prova ha diritto al comporto, il datore di lavoro può licenziarlo se ritiene che la prova non abbia avuto esito positivo, senza dover aspettare la fine del periodo di comporto.

Nel caso in cui si verifichi il licenziamento durante la malattia, il lavoratore può fare ricorso se ritiene che il tempo di prova non sia stato sufficiente per valutare le sue competenze e capacità: questo, a prescindere dal fatto che il contratto collettivo, o individuale, stabilisca una durata minima della prova.

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