Indennità di trasferta: è dovuta anche quando si cambia sede?

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02/12/2019

Indennità di trasferta: il lavoratore ha diritto alla trasferta quando cambia sede lavorativa ed è piu vicino alla sua residenza? Ecco cosa dice la sentenza

Indennità di trasferta: è dovuta anche quando si cambia sede?

L’indennità di trasferta tocca al lavoratore anche quando l’azienda cambia sede e si avvicina all’abitazione del dipendente. Questo è stato deciso dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, tramite l’ordinanza n. 30664 del 25 novembre 2019, che ha confermato la tesi della corte di merito. Nello specifico la Cassazione con una recente ordinanza del 25 novembre 2019 n. 30664, ha considerato l’intero quadro normativo facendo riferimento all’art. 21.co. 4; il quale prevede che il lavoratore ha sempre diritto al compenso di indennità di trasferta e rimborso chilometrico, se la sede aziendale è situata a più di 20 Km dalla sua residenza.

Indennità di trasferta e chilometrica: è dovuta?

La Corte di Cassazione si è basata su una sentenza della Corte di Appello che vedeva condannare una società al pagamento in favore di un proprio dipendente l’importo di 3.250,01 euro , più la rivalutazione monetaria, interessi legali, come risarcimento dell’ indennità di trasferta e rimborso chilometrico, ai sensi degli artt. gli artt. 99 e 100 del c.c.n.l. di categoria e l’art. 24 del c.i.r. del Piemonte.

La corte di merito ha reputato che ai sensi dell’art. 21 del contratto integrativo regionale, il lavoratore ha sempre diritto all’indennità chilometrica e di trasferta, anche quando sia stato assegnato temporaneamente a un’altra sede, a condizione che questa si trovi a più di 20 km dalla quella abituale.


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La decisione dei giudici scaturisce da altre sentenze specifiche che valorizzano alla lettera le norme richiamate. Quindi, si giunge alla conclusione che per sede abituale si considera il comune dove l’azienda è situata, oppure dove si trovano i suoi distaccamenti.  I giudici, inoltre, ritengono fondamentale un altro dato, ai sensi dell’art.21, “la temporaneità dell’assegnazione” che non è un trasferimento e la condizione che la nuova sede sia più vicina di quella aziendale alla residenza del lavoratore, motivata del fatto che dall’articolo 21 co.4 deroga in melius ciò che è previsto dall’art. 100 del c.c.n.l che stabilisce che il lavoratore non ha diritto all’indennità di trasferta se la nuova sede dista a meno di 20 km.

La società inoltra ricorso

La società inoltra ricorso in Cassazione, perché ritiene che non sono stati rispettati gli art. 1362 e 1363 del codice civile e anche gli art.  99 e 100 del c.c.n.l., per i dipendenti degli istituti di vigilanza e dell’art. 21 del c.c.i.r.

Per la società datrice, la corte di appello non ha interpretato nel modo giusto le disposizioni collettive perché doveva tener conto anche di altri canoni e non  solo del dato letterale. Vi è un contrasto tra ciò che prevede il comma 4 dell’art. 21 e le altre clausole contrattuali richiamate.

L’articolo 21 comma 1 descrive gli articoli artt. 99 e 100 c.c.n.l., i quali escludono l’indennità di trasferta per il tragitto tra la residenza del lavoratore e la sede abituale dell’azienda. Questi prevedono un compenso in caso di assegnazione temporanea a una sede diversa in base al percorso in più rispetto a quella dell’azienda. Quindi, l’indennità di trasferta spetta quando la sede temporanea dista almeno 10 km dai confini del comune da quella abituale dell’azienda.


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La società, perciò, ritiene che l’art.21 co. 4 del c.c.i.r. deroga in melius, cioè migliora il contenuto dell’art. 100 del c.c.n.l. e limita il trattamento più favorevole nel caso in cui la sede temporanea sia a una distanza superiore di 20 Km di quella di servizio, ma più vicino alla residenza del lavoratore, questo nella fattispecie non ricorre.

Indennità di trasferta e chilometriche: dovute anche se la sede si avvicina

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della società datrice, in quanto lo ritiene infondato. Diversamente da ciò che ha sostenuto la società, per la quale la corte d‘appello ha solo interpretato letteralmente le disposizioni contrattuali. La Corte, invece, ha effettuato una interpretazione nel complesso delle clausole contrattuali e  sostenuto che la disciplina nazionale, con l’art. 24 co. 4, ha migliorato quella nazionale prevista dall’art. 100 del c.c.n.l. In più, la Cassazione ha evidenziato che l’indennità richiesta era legata alla temporanea assegnazione a una sede diversa da quella abituale. Inoltre, l’avvicinamento alla abitazione del lavoratore non poteva escludere il pagamento del compenso, come previsto dalla norma nazionale, in quanto era stata migliorata proprio su questo contenuto dalla disciplina collettiva regionale.

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