Cedolare secca 2023, al via le novità per le tasse sugli immobili: cos’è e quando si paga

Autore:
Niccolò Mencucci
14/03/2023

Cedolare secca 2023, al via le novità per le tasse sugli immobili: cos’è e quando si paga

Chi ha una casa messa in affitto sa cosa significhi disporre della cedolare secca. Negli anni è diventato un vero e proprio incentivo fiscale, sempre più richiesto per via dei vantaggi che garantisce a fine anno al locatore.

Di recente però il Governo sta valutando l’estensione della cedolare secca anche ad altri immobili, quelli non residenziali. Vediamo meglio cosa significa avere la cedolare secca, come funziona e cosa cambierà con la sua introduzione anche per le altre tipologie di immobili.

Cedolare secca 2023, al via le novità per le tasse sugli immobili

Nel 2018, in sede di Legge di Bilancio, era stato introdotto, per un solo anno, il regime opzione di tassazione dei canoni agli immobili commerciali. Sono quelli che appartengono alla categoria catastale C/1, e che hanno una superficie fino a 600 metri quadrati escluse le pertinenze.

Questa sperimentazione aveva come novità solo la categoria d’uso, ma nel complessivo le regole erano le medesime applicate per l’abitativo.

La proposta di reintrodurre questa sperimentazione anche nel 2023 viene dalla Confedilizia e delle altre organizzazioni dei proprietari immobiliari. Si prevede una stabilizzazione della cedolare e, soprattutto, l’estensione a tutti gli immobili non residenziali con locazioni ancora normate dalla legge 392/78, il famoso equo canone.

Ovviamente si parla di una proposta, non di un’azione legislativa. Lo stesso erario è dubbio sull’efficacia di questa misura, soprattutto per le casse dello Stato. E anche per la natura “emergente” per cui è nata la cedolare secca in ambito residenziale, ovvero di far emergere i contratti di locazione e tassarli. Una situazione che non c’è nel caso dei contratti non residenziali, perché il conduttore ha tutto l’interesse fiscale a dichiarare i canoni che paga.


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Cedolare secca, cos’è e come funziona

Intanto precisiamo alcuni aspetti relativi alla cedolare secca. Si tratta di un pagamento tributario corrispondente al 21% del canone annuo contrattuale. Una sorta di flat tax sugli affitti, tant’è che i proventi stessi della locazione sono esentati da IRPEF, imposte addizionali e imposta di registro, tutte da segnalare sul proprio Modello 730/Redditi.

Se invece fosse stato applicato il regime ordinario, il locatore avrebbe dovuto pagare secondo aliquota marginale, nella misura del 95% del canone annuo.

Questa misura libera il locatore dal rischio di dover calcolare un sacco di imposte sui propri affitti, e di liquidare tutto in maniera “forfettaria”. In cambio però ci sono anche delle “rinunce”, per le quali il locatore non può rifiutarsi.

Cedolare secca, cosa comporta

Se si provvede a richiedere la cedolare secca per il contratto di locazione, in cambio il proprietario dovrà rinunciare alla possibilità di chiedere l’aumento annuale.

Un aumento non da poco. Supponendo che la cedolare venga introdotta anche per gli immobili non residenziali, si parlerebbe di un aumento mancato pari al 75% dell’indice ISTAT  FOI, quello relativo al costo della vita delle famiglie di operai e impiegati.

O addirittura al 100% se il contratto prevede una durata minima superiore a quella di legge (ovvero 6 anni più altri 6, nel caso di edifici di ristoro, quali hotel e alberghi, diventano 9 anni più altri 9).

Cedolare secca, quando si paga

Come stabilito dall’Agenzia delle Entrate, il pagamento della cedolare secca avviene soltanto se la cedolare per l’anno precedente supera i 51,65 euro. Dovrà essere pagato in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se l’importo è inferiore a 257,52 euro. Se tale importo supera i 257,52 euro annui, toccherà pagare in due rate:

  • la prima, pari al 40% dell’acconto complessivamente dovuto, entro il 30 giugno;
  • la seconda, il restante 60%, entro il 30 novembre.

Ricordiamo inoltre che la cedolare secca, se estesa, potrà essere esercitata solo per i contratti nuovi, dato che vige tutt’ora l’impossibilità di accedere alla tassa piatta se tra gli stessi contraenti era in vigore al 15 ottobre 2018 un contratto per lo stesso immobile.

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