NASpI, durata indennità diversa dal rapporto lavorativo? A quanto ammonta e chi ha diritto

Autore:
Niccolò Mencucci
04/04/2023

NASpI, durata indennità diversa dal rapporto lavorativo? A quanto ammonta e chi ha diritto

La NASPI è una delle principali forme di disoccupazione disponibili in Italia. Ma in molti credono che la durata sia uguale per tutti. In realtà non è affatto così, non sempre la durata dell’indennità di disoccupazione equivale a quella indicata genericamente dall’INPS.

Per questo occorre fare un preciso calcolo della durata effettiva della NASPI, tenendo conto di alcune variabili, come ad esempio la contribuzione. Vediamo infatti quanto effettivamente dura, e chi ne ha diritto. E soprattutto a quanto ammonta complessivamente.

NASPI, occhio alla durata dell’indennità

La durata della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego in genere viene indicata come la metà dei periodi lavorati negli ultimi 4 anni.

In realtà è un’indicatore generica, valida per buona parte dei soggetti che ne usufruiscono. Ma non tutti possono godere delle medesime condizioni, e soprattutto le medesime erogazioni della NASPI.

Anche perché, paradossalmente, pur essendo la durata della Naspi pari alla metà dei periodi lavorati negli ultimi 4 anni, se hai lavorato per 2 anni di lavoro da dipendente avrai diritto a 1 anno di NASPI. Se hai lavorato da part-time per ben 5 anni, ne beneficerai per 2 anni, dato che è il massimo possibile.


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A essere decisivi nel calcolo infatti sono le settimane contributive, non dei periodi di lavoro. Oltre a ridurre la possibile durata del beneficio, se nella maggior parte dei casi non vi è differenza visto che le due voci coincidono, addirittura si rischia il riconoscimento di una contribuzione inferiore rispetto alla durata del periodo lavorato.

Quanto dura la NASPI

Per calcolare la durata della NASPI, infatti, si tiene conto delle settimane contributive. E questo non coincide mai con quelle temporali, perché il datore di lavoro deve procedere alla copertura contributiva delle settimane di lavoro, altrimenti nel computo finale non si raggiungerà l’anno contributivo.

Infatti, la durata della NASPI è pari infatti alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni, eccetto quelle che hanno già dato luogo all’indennità di disoccupazione.

Tuttavia, per quanto nella maggior parte dei casi è davvero così, può succedere che la NASPI venga riconosciuta per un periodo inferiore a quello lavorato.

Inoltre, coloro che hanno avuto una retribuzione inferiore al minimale contributivo fissato dall’INPS rischiano un assegno anche più ridotto, a causa del cosiddetto meccanismo della contrazione che proporziona i contributi in base alla retribuzione percepita.

Quanto ammonta la NASPI

Ufficialmente la NASPI prevede un indennizzo pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile, ovviamente ai fini previdenziali percepita dal lavoratore negli ultimi 4 anni. Dovrà essere inferiore all’importo minimo (1.352,19 euro per il 2023), ma mai superiore a 1.470,99 euro al mese.

A titolo di esempio, un lavoratore con retribuzione lorda di 1.500 euro potrà avere dal primo mese circa 950 euro, ma avanti coi mesi l’assegno tenderà a ridursi del 3% dopo il quarto mese di erogazione INPS.

A essere decisivo è sempre la durata, che si può determinare partendo dalla retribuzione minima settimanale, pari a 227,18 euro. Se i contributi sono minori, il numero di settimane sarà più ridotto.


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Ad esempio, se per 4 anni di lavoro part-time la parte contributiva è di soli 100 euro, verranno riconosciute 23 settimane di contributi l’anno, ovvero 92 settimane. Col calcolo, l’indennità di disoccupazione verrà riconosciuta per poco meno di un anno, 46 settimane per l’esattezza (circa 10 mesi).

Chi ha diritto alla NASPI

Ricordiamo che la NASPI è disponibile solo per alcune categorie di lavoro, quali:

  • i lavoratori dipendenti,
  • gli apprendisti,
  • i soci lavoratori di cooperativa,
  • i dipendenti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni,
  • il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.

Mentre non potranno percepire la NASPI tutti coloro che hanno rassegnato le proprie dimissioni, a meno che non i tratti di dimissioni per giusta causa o di risoluzione consensuale nell’ambito di una specifica procedura conciliativa. In tal caso, rientrerebbero tra gli aventi diritto anche del bonus 150 euro NASPI.

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