Pensioni 2022, l’idea della doppia uscita anticipata dai 63 anni

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14/10/2021

Pensioni 2022, l’idea della doppia uscita anticipata dai 63 anni

Pensioni verso la riforma nel 2022 con l’ipotesi del doppio canale di uscita a partire da 63 anni di età e la proroga dell’Ape sociale in tandem per i lavoratori che vivono situazioni di disagio. I tecnici sono al lavoro sulla possibilità di garantire maggiore flessibilità previdenziale, mantenendo l’attenzione sulla tenuta dei conti pubblici. In queste ore ha quindi ripreso forza la proposta del presidente Inps Pasquale Tridico.

Alla base dell’idea la possibilità di ottenere l’assegno anticipato a partire dai 63 anni di età e con 20 anni di versamenti. Ma solo per quanto concerne la quota contributiva. L’assegno dovrebbe inoltre essere erogato solo nel caso in cui non risulti troppo basso, con un moltiplicatore legato alla pensione minima.

Pensioni anticipate e legge di bilancio 2022: si punta a evitare lo scalone della legge Fornero

Uno scenario che negli scorsi mesi non aveva convinto del tutto i sindacati, ma che garantirebbe comunque di non ritornare in via integrale ai criteri dettati dalla legge Fornero dopo la fine della quota 100. Ricordiamo che per accedere alla pensione ordinaria dal 2022 sarà necessario maturare almeno 67 anni di età con 20 anni di versamenti.


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In alternativa, è disponibile la pensione anticipata ordinaria a partire dai 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). La conferma di questi parametri senza ulteriori interventi potrebbe comportare un’attesa aggiuntiva per i lavoratori esclusi dalla quota 100 lunga fino a cinque anni.

In manovra 2022 anche la proroga dell’APE sociale e l’eventuale APE volontaria

All’interno delle pieghe della prossima finanziaria dovrebbe inoltre entrare la proroga dell’APE sociale. L’anticipo pensionistico è garantito a partire dai 63 anni di età, con almeno 30 o 36 anni di contribuzione in base allo specifico profilo di tutela. Nell’ottica di rafforzare l’opzione, si punta a ridurre il parametro contributivo oppure ad ampliare la platea dei potenziali beneficiari.

La commissione sui lavori gravosi ha prodotto uno studio sulle categorie di mansioni che potrebbero essere incluse nella nuova tutela pensionistica. Secondo le ultime stime tecniche, l’allargamento e la proroga fino al 2026 costerebbe 127,7 milioni in più nel 2022, 337,1 milioni nel 2023 e 520,7 milioni nel 2024. Il picco di spesa verrebbe raggiunto negli anni successivi, per poi rientrare a partire dal 2027.

La proposta Tridico e l’anticipo contributivo: i dati sulla flessibilità post quota 100

Tornando all’ipotesi iniziale di riforma delle pensioni 2022, la proposta suggerita dal presidente dell’Inps punta a fare ricorso al sistema contributivo puro, senza tagliare i vantaggi della quota retributiva. Quest’ultima verrebbe erogata al raggiungimento dei parametri ordinari. Ma i lavoratori potrebbero comunque usufruire di un anticipo di quattro anni rispetto alla data ordinaria di accesso alla pensione, accontentandosi per questo lasso di tempo di un assegno più basso.


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Il vincolo utile da raggiungere per poter aderire, oltre ai 20 anni minimi di contribuzione, è rappresentato da una pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si tratta quindi di circa 553 euro al mese. La prestazione previdenziale potrebbe inoltre essere cumulabile con altri redditi da lavoro autonomo o dipendente. Risulterebbe invece incompatibile con ulteriori trattamenti pensionistici diretti o con misure di sostegno come il reddito di cittadinanza.

A favore di questa ipotesi c’è l’impatto tutto sommato contenuto sui conti dell’Inps. Per l’opzione sarebbe necessario stanziare circa 450 milioni di euro nel 2022, 935 milioni nel 2023 e circa un miliardo nel 2024 e 2025. La spesa sarebbe però contenuta nel medio e lungo termine dai risparmi che si realizzeranno nei periodi successivi.

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