Pensioni 2023: focus su quota 41, 64 anni, donne e giovani

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05/05/2022

Pensioni 2023: focus su quota 41, 64 anni, donne e giovani

Pensioni 2023, continuano a emergere nuove dichiarazioni in merito all’attesa riforma del settore. Un comparto, quello previdenziale, che ormai da anni è oggetto di apertura di cantieri e di proposte. Dall’ormai lontano 2011, quando è stata approvata la legge Fornero, sono arrivati numerosi interventi di sostegno volti a tutelare coloro che vivono condizioni lavorative di disagio in età avanzata.

Ma quello che è mancato sinora è una riorganizzazione ampia del sistema, affinché si possa superare l’abitudine di procedere con misure temporanee. Il governo e i sindacati sono tornati a trovarsi più volte attorno a un tavolo di confronto negli ultimi anni. La discussione converge ora su tre principali capitoli d’intervento. Ovvero la quota 41 per i lavoratori precoci, la pensione anticipata dai 64 anni e le agevolazioni da destinare alle donne e ai giovani.

Sullo sfondo resta il problema delle coperture, che di fatto ha frenato finora l’avvio di un ripensamento più ampio del sistema. E proprio su questo capitolo ancora una volta si è concretizzato recentemente uno stallo nella discussione tra esecutivo e parti sociali.


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Pensioni 2023: dalla quota 41 per tutti all’anticipata a partire da 64 anni di età

I due punti più caldi della discussione sulla riforma previdenziale restano la quota 41 per tutti i lavoratori e la pensione anticipata a partire dai 62 – 64 anni di età. Un intervento è comunque necessario entro la fine dell’anno, visto che il termine della quota 102 potrebbe ripristinare per molti lavoratori lo scalone dettato dalla legge Fornero. Sulla questione si sono registrate aperture del governo nelle scorse settimane, ma a patto di mantenere inalterati i conti dell’Inps.

Di fatto, il passaggio potrebbe realizzarsi attraverso il ricalcolo (parziale o integrale) dell’assegno tramite il sistema contributivo puro. Con penalizzazioni che diventano più importanti al diminuire dell’età. Come per altro già dimostrato dalle donne che hanno scelto di aderire all’opzione donna, che prevede proprio il riconteggio dell’assegno.

L’ipotesi delle pensioni anticipate in due tempi

Un ulteriore scenario riguarda una proposta in arrivo dall’Inps e che sembra essere stata già al vaglio dei tecnici. Si tratta della pensione anticipata a partire dai 64 anni e in due tempi. In questo caso, il lavoratore potrebbe cominciare a percepire la parte contributiva dell’assegno a 64 anni, purché abbia già maturato almeno 20 anni di versamenti. A partire dai 67 anni otterrebbe la pensione piena, ovvero con il raggiungimento dei requisiti ordinari della legge Fornero.


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Una ulteriore ipotesi riguarda l’uscita dai 64 anni con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo. Facendo i conti del caso, la perdita massima sull’assegno corrisponderebbe al 9%. Una soluzione che però sarebbe invisa ai sindacati, che sono contrari a ricalcoli o decurtazioni applicate al valore della pensione. Anche perché eventuali tagli risulterebbero permanenti.

Pensioni 2023: la questione della quota 41 per tutti i lavoratori precoci

Tra i casi più caldi del dossier previdenziale c’è la questione dei lavoratori precoci, ovvero di coloro che hanno iniziato a lavorare in giovane età. I sindacati chiedono da tempo di estendere la quota 41 a tutti i lavoratori, premiando così la lunga storia contributiva presso l’Inps. Di fatto, attualmente le regole ordinarie prevedono il raggiungimento di almeno 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne).

La quota 41 esiste già per una piccola parte della platea dei lavoratori, ovvero per coloro che vivono condizioni di disagio. Il lavoratore dovrà rientrare nei casi previsti dalla legge e aver versato almeno un anno di contributi prima del 19mo anno di età. L’idea è di allargare ulteriormente la platea dei beneficiari. Una pratica che risulterebbe più fattibile rispetto allo sdoganamento dell’opzione per tutti i lavoratori.

Gli interventi di riforma previdenziale per donne, giovani e previdenza complementare

Tenendo presente il quadro della situazione, restano ancora da risolvere numerose questioni relative alle donne, ai giovani e alla previdenza complementare. Nel primo caso è necessario valorizzare il lavoro di cura e la maternità. Anche considerando la necessità d’intervenire sul gender gap che si riscontra negli importi delle pensioni e nelle modalità di accesso all’Inps.

Per i giovani serve invece istituire una pensione di garanzia, soprattutto in favore di coloro che rischiano di avere buchi contributivi per via del lavoro precario. Tra le diverse proposte nuovamente emerse negli scorsi giorni c’è anche il riscatto gratuito della laurea, che potrebbe contribuire a consolidare la situazione previdenziale dei soggetti a rischio.

Infine, ultimo ma non meno importante, è il nodo della previdenza complementare. Si tratta di un punto fondamentale proprio per chi vive condizioni lavorative precarie e rischia di avere un assegno pensionistico troppo basso in futuro. Purtroppo, le adesioni scarseggiano proprio tra le categorie più a rischio. È quindi fondamentale agevolare sia l’ingresso nei fondi pensione che i versamenti, considerando la finalità di tutela sociale che si pone il pilastro privato.

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