Pensioni: 40enni davanti a un quadro allarmante

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15/07/2022

Pensioni: 40enni davanti a un quadro allarmante

Pensioni, 40enni di fronte a una situazione previdenziale preoccupante. È quanto emerge dalle recenti simulazioni Inps e dal rapporto riportato dal presidente dell’ente al Parlamento. Purtroppo, i nodi da sciogliere all’interno del sistema pensionistico pubblico sono molti. E non riguardano solo quei lavoratori che attualmente non riescono ad accedere alla pensione in età avanzata.

Un quadro fosco si delinea infatti per coloro che stanno contribuendo all’Inps nel pieno della loro attività lavorativa e che risultano inseriti nel sistema contributivo puro. Per questi soggetti, si delinea la possibilità di andare in pensione molto più tardi rispetto ai criteri ordinari attuali.

Come se ciò non bastasse, il divario riguarderebbe anche l’importo dell’assegno. Il quale, nel peggiore dei casi, risulterebbe insufficiente non solo a garantire il precedente tenore di vita. Ma anche a sostenere uno stile di vita accettabile durante la vecchiaia.

Pensioni 40enni: le preoccupazioni per il futuro sono tangibili

I dati della simulazione Inps sulle future pensioni dei 40enni si concentrano in particolare sui nati tra il 1965 e il 1980. Questi soggetti saranno inseriti pienamente nel sistema contributivo puro. Un approccio che garantisce la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo, ma al prezzo di offrire assegni molto più bassi di quelli attuali e in età avanzata.


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A questo si unisce anche il problema dei versamenti, visto che l’attuale mercato del lavoro non riesce a garantire per tutti carriere continuative e contratti indeterminati. Coloro che si trovano ad affrontare percorsi dettati dalla precarietà e instabilità avranno ancora più difficoltà nel momento del pensionamento. Sia per i buchi contributivi, sia per quanto concerne l’entità del montante previdenziale. Dal quale dipende l’effettivo importo delle pensioni future.

Come aumenta il divario tra generazioni: pensioni, 40enni al bivio per avere maggiori tutele

I quarantenni attuali si trovano quindi davanti a un vero e proprio bivio. Per garantirsi un assegno dignitoso, attualmente l’unica soluzione è quella individuale. E corrisponde alla scelta volontaria di affidarsi alla previdenza integrativa, con lo scopo di integrare il futuro assegno erogato dall’Inps. Da tempo si parla anche d’istituire una possibile pensione di garanzia. Una tutela già disponibile con l’adeguamento alla minima per chi è nel sistema retributivo o misto.

Le proiezioni indicano poi la presenza di un gap importante anche sui parametri anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione. Ad esempio, i nati negli anni ‘80 dovranno lavorare ben tre anni in più rispetto ai lavoratori nati negli anni ‘60. Con un peggioramento di addirittura 5 anni e 8 mesi se il confronto viene fatto tra un uomo e una donna.

Pensioni 40enni e riforma del sistema previdenziale: troppi nodi da sciogliere

Lo scenario appena delineato va poi contestualizzato nella attuale situazione di stallo rispetto alla riforma delle pensioni. Il sistema ha necessariamente bisogno di un intervento correttivo perlomeno per le questioni più urgenti. Come nel caso della scadenza di quota 102 al 31/12. Oppure di opzioni sperimentali pensate per i lavoratori in età avanzata che vivono situazioni di disagio. Si pensi all’Ape sociale, che scadrà anch’essa al termine del 2022.

Ma altrettanto urgenti sono misure per il sostegno di coloro che percepiscono già oggi assegni bassi. In base all’ultima relazione Inps, il 40% dei pensionati attuali percepisce un reddito inferiore a 1000 euro al mese. In aggiunta, il gender gap penalizza fortemente le donne, assegnando loro un reddito inferiore di quasi il 40% rispetto a quello degli uomini.


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Tra i possibili interventi anche il salario minimo: ma il sistema contributivo resterà prevalente

È chiaro che il rischio di trovarsi di fronte a grossi problemi quando arriverà il momento di andare in pensione, per gli attuali 40enni, è concreto. Un possibile aiuto potrebbe arrivare dall’introduzione del salario minimo. Adeguando gli stipendi, crescono infatti anche i versamenti effettuati all’Inps. Con riverberi importanti per i futuri assegni.

Proprio nelle scorse ore Pasquale Tridico è tornato sul punto. “Il dibattito è aperto e secondo me il salario minimo si può fare”, ha evidenziato il presidente dell’Inps. “Il 23% dei lavoratori guadagna meno del reddito di cittadinanza”. Con riverberi evidenti non solo nell’immediato, ma anche sul destino previdenziale dei futuri pensionati.

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