Pensioni e fattore Covid: assegno più basso fino a 100 euro, ecco perché e come colmare il gap

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01/02/2021

L’effetto del Covid sulle pensioni potrebbe portare a tagli importanti sui futuri assegni. Il rischio è di perdere fino al 7%, ma la previdenza privata permette di integrare la pensione e anche di anticipare l’uscita dal lavoro. Tutte le informazioni da conoscere al riguardo.

Pensioni e fattore Covid: assegno più basso fino a 100 euro, ecco perché e come colmare il gap

La crisi economica dettata dal coronavirus potrebbe portare a conseguenze tangibili per i futuri pensionati. Un effetto dettato dalla mancata crescita del Pil e di conseguenza dalle rivalutazioni inferiori. Le ultime proiezioni realizzate dalla società Progetica indicano infatti il rischio di un impatto pesante del rallentamento economico, che si combinerà con l’adeguamento dei coefficienti di conversione in rendita utilizzati nel sistema contributivo puro.

Per comprendere il meccanismo bisogna partire da un fatto. Tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996 si vedranno calcolare l’assegno pensionistico in base al montante effettivamente accumulato attraverso i propri contributi. Al momento della maturazione dei requisiti di pensionamento verranno applicati i coefficienti di conversione, che puntano a restituire semplicemente quanto accumulato.

Questi coefficienti diminuiranno mediamente dello 0,4% nel corso dell’anno. Ma lo stesso montante potrebbe subire indirettamente lo stop dettato dalla recessione economica per via dei mancati adeguamenti al rialzo. La combinazione dei due fattori (crisi italiana e aumento dell’aspettativa di vita) potrebbe portare a un effetto pesante sulle future pensioni.


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Pensioni, quanto pesa il fattore Covid sui futuri assegni

Tenendo presente il meccanismo appena esposto, le stime tecniche indicano di quanto potrebbe diminuire l’assegno. Ad esempio, per un lavoratore di 30 anni con un reddito di circa 1000 euro nette al mese la pensione potrebbe diminuire del 3%. La percentuale sale però per un 50enne, che potrebbe subire un taglio fino al 7%. Nella pratica, per un lavoratore con reddito netto mensile di 1500 euro il taglio potrebbe arrivare a 100 euro.

La conseguenza della crisi dettata dal Covid potrebbe essere quindi pesante per molti lavoratori dal punto di vista previdenziale, costringendoli a lavorare più a lungo per poter calmierare il taglio sull’assegno. L’alternativa è quella del ricorso alla previdenza integrativa, la quale richiede però di iniziare il prima possibile attraverso dei versamenti mensili o annuali.

Pensioni complementari, come colmare la differenza tra ultimo stipendio e primo assegno previdenziale

Per cercare di porre rimedio la soluzione più semplice è appunto quella della previdenza complementare. Questo perché i requisiti di accesso alla pensione tenderanno comunque a irrigidirsi nel corso del tempo. Già oggi l’accesso alla pensione di vecchiaia è garantito a 67 anni di età (con 20 anni di versamenti), mentre in un prossimo futuro il parametro potrebbe salire oltre i 70 anni. Appare quindi chiaro che per molti sarà difficilmente sostenibile la scelta di proseguire nell’attività lavorativa.


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La previdenza integrativa punta a colmare il gap attraverso dei versamenti anche modesti effettuati su base mensile. In questo senso, è fondamentale il fattore tempo. Prima si inizia a versare, minore sarà il contributo mensile necessario per fornire un’adeguata integrazione pensionistica. Per compensare il futuro taglio, bastano appena 10 euro al mese per un trentenne, mentre un lavoratore di 55 – 60 anni dovrà versare fino a 200 euro al mese per avere un adeguato tasso di sostituzione.

Come funzionano le pensioni integrative: possibile versare il TFR o effettuare versamenti volontari, ma anche anticipare il pensionamento di 10 anni

La pensione integrativa punta a garantire un sostegno economico in età di pensionamento in modo da compensare il meccanismo di calcolo del sistema contributivo puro. Quest’ultimo non prevede infatti adeguamenti al minimo, come avviene per le pensioni retributive o miste. Il rischio effettivo è di trovarsi in età avanzata con un assegno troppo basso e quindi con grandi difficoltà nel sostenere un tenore di vita simile a quello presente durante l’attività lavorativa.

Il modello del secondo pilastro previdenziale prevede la possibilità di versare il TFR per i lavoratori dipendenti o di effettuare dei versamenti volontari per gli autonomi. Lo Stato garantisce importanti agevolazioni durante la fase di contribuzione. La deducibilità degli apporti al fondo è possibile fino a 5164,57 euro (a eccezione del trattamento di fine rapporto, che non costituisce reddito imponibile quando versato nella pensione integrativa).  Al momento dell’età di pensionamento, è possibile ottenere una rendita (e in base alla propria scelta anche una parte di capitale), beneficiando di una tassazione agevolata che va dal 15% al 9%.

L’aliquota viene scontata in base all’anzianità di permanenza nella previdenza complementare, diminuendo dello 0,3% per ogni anno successivo al quindicesimo di sottoscrizione. Infine, per chi vive una situazione di disagio in età avanzata esiste anche la possibilità di ottenere una rendita anticipata (RITA) con 10 anni di sconto rispetto ai requisiti della pensione di vecchiaia. Attualmente, per chi perde involontariamente il posto di lavoro è quindi possibile ottenere il prepensionamento già a partire dai 57 anni di età.

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